venerdì 20 gennaio 2012

LA VACANZA E IL VIAGGIO. LA SICUREZZA E L’AVVENTURA.






La nostra epoca è l’epoca dei grandi viaggi di massa. Il consumismo non conosce frontiere e si muove con ogni mezzo. Complici le formule low cost, last minute, prenota prima paghi meno, ecc., viaggi da favola sono diventati alla portata di tutti, giovani e vecchi, ricchi e meno ricchi in ogni periodo dell’anno. Non voglio esprimere giudizi su questo, se sono contenti loro, ben venga.
Eppure, le tragiche notizie del naufragio della nave Concordia della Costa Crociere di questi giorni ci inducono a diverse considerazioni. È ancora vivo il dolore per la perdita di vite umane in circostanze ancora poco chiare ma nella mente balenano anche altri pensieri.
Un tempo viaggio ed avventura andavano di pari passo e il rischio era il terzo ingrediente da mettere in conto. I diari di viaggio di naviganti, nemmeno tanto lontani nel tempo, erano affascinanti proprio perché ogni tappa era costellata da colpi di scena, rappresentati da tempeste, pirati, mostri marini e arrivare sani e salvi non era scontato. D’altro canto i pericoli fanno parte della vita di ogni giorno e anche i luoghi e le situazioni che ci sembrano più sicure possono nascondere rischi ed insidie. Perfino tra le pareti domestiche non si contano gli incidenti che provocano numerose vittime e feriti ogni anno ma non fanno notizia, non possono fare notizia. Se veniamo a sapere della casalinga che è precipitata dalla finestra mentre lavava i vetri o che è rimasta ustionata dall’olio bollente, dopo cinque minuti l’abbiamo già dimenticato.
E, invece, se naufraga una nave da crociera con 4000 persone a bordo, incagliata su uno scoglio mentre le stesse andavano a divertirsi, è impossibile non rimanere attaccati al televisore o incollati al giornale che riporta le notizie. I media sanno questo e, con buona pace del diritto all’informazione, ci marciano alla grande. Io per prima, pur essendo ormai immune a Porta a Porta, sono rimasta ipnotizzata dalla melliflua voce di Bruno Vespa che intervistava sopravvissuti e sommozzatori.
È inevitabile, sono troppi gli ingredienti che si mescolano in queste storie. Le grandi e lussuose navi da crociera, rese popolari da serie televisive i cui protagonisti appaiono sempre brillanti, mai stanchi o in pericolo. Il mito rassicurante del capitano coraggioso, disposto a sacrificare la propria vita per l’equipaggio e per i passeggeri, si è infranto sugli scogli del Giglio mostrando la debolezza dell’uomo e l’incapacità del ruolo. E, infine, l’archetipo dell’abisso che inghiotte le persone, immagine ricorrente negli incubi di noi tutti, è affiorato in tutta la sua drammaticità mettendoci di fronte ai nostri limiti e alle nostre paure.
Per quanto il progresso possa aver fatto passi da gigante, c’è sempre l’imprevisto dietro l’angolo. L’allarme che non funziona, il sistema automatico che tanto automatico non è, le luci di emergenza che non si accendono, la radio che non trasmette, l’errore umano.
Basta un niente, anche meno, e all’improvviso tutto cambia. Credo che per un po’ di tempo guarderemo con occhi diversi questi giganteschi condomini del mare. A dire la verità, io li ho sempre trovati un po’ kitsch, con tutti quei lustrini, quelle luci, dove tutto assume proporzioni immense. L’idea di spostarsi e di avere a disposizione su un mezzo di trasporto tutto quanto sia pensabile per il divertimento, per il comfort e per la distrazione va un po’ contro quella che è la mia idea del viaggio. Galleggiare sull’acqua è diverso da navigare.
Il vero viaggiatore è spinto da un’esigenza di conquista e di cambiamento che nessun crocerista potrà mai comprendere. Il rapporto tra l’uomo e il mare risponde a leggi e regole antichissime, una sfida che si basa sul rispetto e sulla conoscenza, che non può mai cedere il passo a distrazioni o frivolezze. Anche se si è a bordo di un gigante, anche se la tecnologia sembra farla padrone, il padrone è sempre lui e rimane sempre lui, il mare.

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