giovedì 29 dicembre 2011

La Dietetica Commedia


Siamo agli ultimi bagordi dell'anno, dopodiché ci toccherà pentirci e iniziare l'ennesima dieta post festività. Stare a stecchetto può essere una tragedia o una commedia.
Anche se "semel in anno licet insanire", chiedo scusa al Sommo Poeta per la parodia...

LA DIETETICA COMMEDIA
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
ché la linea mia era smarrita.

Ahi quanto grassa era la figura
vestivo ormai una taglia forte
che decisi una dieta da paura!

Tant'è amara che poco più è morte;
ma per trattar del ben ch'i' vi trovai,
dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte.

Io non so ben ridir com'i' ingrassai,
tant'era pien di fame a quel punto
che la verace via abbandonai.

Ma poi ch'i' fui più satolla giunta,
là dove degli orti era la valle
dalle minestre non colsi niuna spunta

guardai ben oltre, vidi due spalle
appese già ne' ganci di bottega
che menar dritto non potei: aridalle!

Allor fu la fame un poco queta
che nel pieno addome era durata
la notte ch'i'passai senza la dieta.

E come quei che con lena affamata
uscita del digiuno ve’la ribollita
si volge a lei ed è bell’e mangiata

con lo stomaco mio, ch'ancor digeriva,
mi volsi a retro a rimirar lo grasso
che non lasciò già mai persona viva.

Poi ch'ei posato un poco il corpo lasso,
ripresi idea per la dieta incerta,
sì che l’umore sempre era 'l più basso.

Ed ero, quasi da dietista esperta,
una lonza leggiera e gustosa molto,
che di bei aromi era coverta;

e non mi si partia dinanzi al volto,
anzi 'mpediva tanto il mio cammino,
ch'i' fui per ritornar più volte vòlto.

Temp'era dal principio del mattino,
e 'l sol montava 'n sù con quelle stelle
che cominciai a sentir un languorino

un morso prima a quelle cose belle;
sì ch'a bene sperar m'era cagione
a quel profumo non stavo nella pelle

l'ora del tempo e la fredda stagione;
ma non sì che voglia non mi desse
l’idea che m'apparve d'uno zampone.

Questi parea che sazia me volesse
con lenticchie e con rabbiosa fame,
sì che il purè insieme le tenesse.

Ed il vino, che di tutte brame
sembiava dolce ne la sua ebbrezza,
e molte genti fé già viver grame,

questo mi parse tanto di gravezza
con la paura ch'uscia di mia vista,
ch'io perdei la speranza di magrezza.

E qual è quei che volontieri acquista,
e giugne 'l tempo che perder lo face,
che 'n tutti suoi pensier piange e s'attrista;

tal mi fece la fame sanza pace,
che, vedendomi obesa a poco a poco
mi rimpinguavo là dove 'l sol tace.

Mentre ch'i' rovinava in grasso loco,
dinanzi a li occhi mi si fu offerto
chi per lungo silenzio parea fioco.

Quando vidi costui nel gran diserto,
«Miserere di me», gridai a lui,
«qual che tu sii, od ombra od omo certo!».

Rispuosemi: «Non omo, omo già fui,
e li parenti miei furon lombardi,
mantecavan la panna ambedui.

Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi,
e vissi a Roma sotto 'l grasso Augusto
nel tempo de li piatti forti e gagliardi.

Poeta fui, e cantai di quel gusto
del cuoco famoso che venne di Troia,
poi che 'l superbo jambon fu combusto.

Ma tu perché ritorni a tanta noia?
perché non sali il dilettoso monte
ch'è principio e cagion di tutta gioia?».

«Or se' tu quel Virgilio e quella fonte
che spandi di vinello sì largo fiume?»,
rispuos'io lui con vergognosa fronte.

«O de li altri poeti onore e lume
vagliami 'l lungo studio e 'l grande amore
che m'ha fatto cercar lo tuo volume.

Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore;
tu se' solo colui da cu' io tolsi
lo bello gusto che m'ha fatto onore.

Vedi la lonza per cu' io mi volsi:
aiutami da lei, famoso saggio,
ch'ella mi fa tremar le vene e i polsi».

«A te convien tenere altro viaggio»,
rispuose poi che salivar mi vide,
«se vuo' campar d'esto loco selvaggio:

ché questa bestia, per la qual tu gride,
non lascia altrui passar per la sua via,
ma tanto lo seduce che l'arride;

e ha natura sì gustosa suvvia,
che mai non empie la bramosa voglia,
e dopo 'l pasto hai più fame che pria.

Molti son li alimenti a cui s'ammoglia,
e più saranno ancora, infin 'l colesterolo
verrà, che ti farà morir con doglia.

Quindi non prenderai lonza e barolo,
ma sapienza, amore e virtute,
e colazion farai con un ovo solo.

In quest’umile dieta c’è salute
per cui nemmeno una mezza Cammilla,
o le speranze di linea son perdute.

Questa seguirai per ogne villa,
fin che l'avrai rivisto lo tuo sterno,
là onde poggia quella spilla.

Ond'io per lo tuo me' penso e discerno
che tu mi segui, e io sarò tua guida,
e trarrotti di qui per magro etterno;

ove udirai le disperate strida,
vedrai li antichi spiriti dolenti,
ch'a la seconda torta ciascun grida;

e vederai color che son contenti
nel poco, perché speran di sentire
un’ala di polletto sotto li denti.

A le quai poi se tu vorrai salire,
anima fina a ciò più di me degna:
con lei ti lascerò nel mio partire;

ché quello cucinier che là sù regna,
perch'i' fu' ribellante a la sua legge,
non ama la gran pizza cotta a legna.

In tutte parti impera e quivi regge;
quivi è la sua città e il ParmaReggio:
oh felice colui cui dà le schegge!».

E io a lui: «Poeta, io ti richeggio
per quell’adipe che tu non conoscesti,
acciò ch'io fugga questo male e peggio,

che tu mi meni là dov'or dicesti,
sì ch'io mangi l’orata e il sanpietro
e color cui tu cotanto rimesti».

Allor si mosse, e io li tenni dietro.

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